|
Parte la transumanza dei Colantuono |
In regione, 22 maggio 2018
Parte la Transumanza dei Colantuono
Il 23 maggio, 300 mucche per 180 km lungo antichi tratturi
Circa 180 km sui tratturi, 300 mucche dal Tavoliere delle
Puglie ai monti del Matese con mandriani e tanta gente a
fare da cornice. Parte mercoledì 23 maggio da San Marco in
Lamis (Foggia) la Transumanza, antica tradizione tenuta in
vita dalla famiglia molisana Colantuono e negli ultimi
anni da Carmelina, oggi simbolo e custode di questa nobile
memoria. Si concluderà con l'arrivo agli oltre 800 metri
di quota di Acquevive di Frosolone (Isernia). La
transumanza è il rito agropastorale che identifica la
civiltà contadina del Sud Italia, ma anche di tanti altri
popoli in Europa e non solo.
Sostiene il progetto di famiglia l'agenzia di sviluppo
regionale Moligal diretta da Nicola Di Niro. Carmelina
Colantuono e Di Niro sono anche i pionieri del progetto
che, forte del partenariato internazionale, è giunto a
Parigi dove un mese e mezzo fa è stata formalizzata la
candidatura al patrimonio Unesco. Il 27 marzo è partito
l'iter per la valutazione sulla proposta del ministero
delle Politiche Agricole. Prima ancora era partito dal
Molise, al quale si sono unite Austria e Grecia.
Un happening che, come ogni anno, si svolge a fine maggio,
e coincide con la luna crescente, perché un tempo si
viaggiava soprattutto di notte, con la mandria saldamente
ancorata ai tratturi di riferimento. Sei mesi di pascolo
in piena libertà, a San Marco in Lamis, dove il Gargano
incrocia il lato superiore del Tavoliere delle Puglie,
intervallati da mungiture e notti miti. Ai primi caldi la
mandria deve spostarsi, non solo per il clima che comincia
a essere troppo caldo, ma anche per trovare il foraggio
migliore possibile: l'erba fresca di primavera che, con un
procedimento tutto naturale, porterà alla lavorazione del
pregiato caciocavallo podolico e della manteca, punti
d'eccellenza della produzione casearia dei Colantuono che
avviene come una volta, a mano, con la tipica 'secchia di
legno' e la 'm'natora' (bastone di legno con cui viene
stesa la pasta di formaggio). L'unica differenza è la
salatura che, nella concezione moderna, dal 'casaro' dura
più o meno un giorno. Oggi la richiesta è per un prodotto
meno salato e grasso, e più gustoso, quindi le forme
restano in salamoia meno tempo. (ANSA).
|