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 17 gennaio, il "calore del fuoco" a Colletorto 

Colletorto, 14 gennaio 2018

 

Docet e s’infiamma il “calore del fuoco” a Colletorto - in vista del 17 gennaio - per spegnersi nell’arco di una lunga nottata. La composizione di tanti falò - nei luoghi più suggestivi del tessuto urbano - in onore di Sant’Antonio Abate - puntualmente coinvolge non pochi gruppi sociali attenti a tener in vita i tanti elementi culturali e di sapere locale, che, appunto, la festa tradizionale contiene e rinnova ogni 17 gennaio. Il fuoco accende - dunque - la voglia di stare insieme e di socializzare per rivivere gli antichi sapori d’un tempo. Il fuoco infiamma e riscalda con piacere i cuori di chi giunge da lontano a Colletorto, per condividere un’esperienza socializzante irripetibile.

Tra canti, nenie, tarantelle, pietanze contadine e tante scintille, il piacere della festa è assicurato. Il fuoco, infine, consente di volgere lo sguardo sempre più in alto per imprimere al proprio cammino il rispetto di quei valori che soddisfano lo spirito. Gli insegnamenti sono forti ed esaltanti, celati in un racconto che a bocca aperta risuona e incuriosisce. Il serpentone della memoria coinvolge chiunque e piace un po’ a tutta la popolazione. Non a caso il “giro dei fuochi” mette di buon umore e fa apprezzare di più i segni architettonici normanni e napoletani all’interno del “Borgo degli Angioini” che pochi conoscono.

Tre le curiosità si tratta di una festa spontanea dove non c’è nulla che viene dall’alto. In questi giorni è facile, pertanto, vedere per le vie del paese gruppi di bambini chiedere di porta in porta un pezzo di legna come si faceva una volta. In questo caso la cosiddetta questua è d’obbligo.

“Ci date un pezzo di legna per il fuoco di Sant’Antonio”? E’ questa la richiesta che risuona per le vie del borgo. Si accentua e si sente là dove le viuzze diventano anguste e più strette. Il disegno degli avi dunque rivive per rinnovare una questua secolare in nome del Santo, Sant’Antonio Abate, a cui si affidava la cura dell’Herpes Zoster, conosciuta più comunemente come fuoco di Sant’Antonio.

Nel Medioevo, veniva curato con una fettina di lardo di maiale messa sulla parte malata che produceva un’irritazione dolorosissima. Non a caso il maialino diventa un elemento fondamentale dell’immagine sacra del Santo per indicare la volontà di protezione di tutti gli animali e la sua importanza nell’alimentazione contadina. L’animale è sinonimo di abbondanza: “a grasce da case”. Le varie parti del maiale - perciò - spiccano il volo sulla parte più alta del fuoco a forma di cono.

Nella composizione la figura è perfetta. Si distingue per la sua punta allungata con l’ambizione di abbracciare il rossore del cielo. La spinta ideale avvicina due mondi completamente antitetici. Cresce l’ardore. Il soffio del richiamo del sacro scintilla sempre più in alto. I pensieri si mescolano. Chiarificano le virtù del Santo a cui si chiede protezione. Insomma tanti aspetti di ieri trionfano nel racconto della memoria. Ritornano e incantano chi vive in prima persona i momenti più esaltanti della festa fino all’indomani del diciassette gennaio. Fino a quando si consumano i pezzi di legna più grandi e si spegne l’ultima fiammella.

Certo - un tempo - era più facile vedere in primo piano tutti questi elementi simbolici dal sapore sacro e profano. Oggi - in verità - accanto ai prodotti tipici - il consumismo e la meccanizzazione agricola hanno più spazio, perché condizionano le tappe organizzative. Raccogliere la legna secondo le modalità tradizionali diventa difficile. Non tutti hanno in casa un camino. Comunque i gruppi di agricoltori, i giovani, le associazioni del luogo, come i Cavalieri Angioini, la Scuola Primaria e la Scuola Media offrono tanto impegno. L’obiettivo è comune. Raccogliere tantissima legna.

E’ bene salvaguardare i colori di una tradizione meravigliosa perchè ha ancora tanto da dire a chi dimentica il proprio paese. I tanti falò hanno il potere di far crescere questo respiro del cuore. Gli danno un volto per guardare avanti. E per amare di più - nel tempo - la bellezza delle proprie radici.

Intanto, la festa dei fuochi - con tutti i suoi valori - spinge verso un anno migliore. E’ propiziatoria e di buon auspicio. Come ci indica - del resto - il lessico di una rima recitata all’imbrunire: “A Sand’Andone a jernate s’allonghe de n’ore e ogni halline fa l’ove”.

Luigi Pizzuto

 

 

 

 

 

 

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