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Vastogirardi
rinnova la tradizione dei fuochi di Sant'Antonio
Abate |
Vastogirardi,
19 gennaio 2013
Il
17 gennaio, in occasione dei festeggiamenti in onore di
Sant’Antonio Abate, le piazze e i vicoli del borgo
antico si animano di maestosi ed ardenti falò: i “Fuochi
di Sant’Antonio”.
La
tradizione di accendere fuochi propiziatori per i raccolti
della nuova stagione, proprio nel periodo più freddo dell’anno,
ha origini pagane ed è legata all’apertura del
Carnevale da tempo immemorabile. L’associazione di
questi fuochi a Sant’Antonio Abate nasce dal fatto che
nella mitologia cristiana Sant’Antonio è il guardiano
dell’inferno, protettore degli animali e dei fabbricanti
di spazzole di setola (che venivano fatte con le setole di
maiale).
A
seguito della peste del 1656, nella quale perirono due
terzi della popolazione del Regno di Napoli (a
Vastogirardi il numero delle famiglie da 258 si ridusse a
88 nel giro di pochi mesi), la tradizione dei fuochi si
propagò in tutti i paesi assumendo anche una valenza
purificatoria. Il culto di Sant’Antonio Abate, chiamato
in tutto il Regno “Sant’Antuono” per distinguerlo
dal Santo di Padova, al quale era già dedicata una Chiesa
nella piazza del paese, sotto la torre dell’orologio, la
quale aveva anche funzioni di campanile, non poteva non
propagarsi in una terra dove gli animali abbondavano e
dove la transumanza ha costituito per millenni l’unico
modello economico.
La
Chiesa matrice di San Nicola, un tempo completamente
affrescata, conserva alcune parti di affreschi strappate
ai muschi e all’umidità di anni di incuria, e in una di
queste è ben riconoscibile Sant’Antonio Abate.
L’uso
di appiccare fuochi nelle piazze e piazzette del borgo si
è consolidato nei secoli e diviene più vivo proprio
quando in molti paesi vicini se ne è persa la memoria.
Ai
giovani viene affidata poi la tradizione di prelevare un
po’ di brace dal fuoco del rione per trasferirla nel
camino di casa ed utilizzarla per accendere il proprio
fuoco. Con il grasso più puro del nuovo maiale veniva
confezionato il pane di Sant’Antonio e con lo stesso
grasso di produceva un unguento per curare l’infezione
chiamata Herpes Zoster, più nota con il nome popolare di
“fuoco di Sant’Antonio”.
A
Vastogirardi, come del resto in diversi paesi d’Abruzzo,
le famiglie più abbienti usavano cuocere il mais sgranato
e lessato per distribuirlo ai poveri (r’ sciusc ). Le
persone più anziane ricordano ancora Maria Grazia di
Serio, già vedova di Domenico Mascia, vittima del
disastro minerario di Monongah nel West Virginia del 1907,
poi compagna di vita del Notaio Scocchera, distribuire
ogni anno, alla Valle Antonina, un mestolo di mais caldo
ad ogni cittadino che lo desiderasse. Probabilmente per il
suo aspetto esile venne chiamata “Graziungella”.
(Testo
a cura di Claudio Iannone)
fonte:
Pro Loco Vastogirardi
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