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A Sant'Elia a Pianisi tutto pronto per la
Notte dei Briganti |
Sant'Elia
a Pianisi,
11 agosto 2013
SANT'ELIA
A PIANISI - Fervono i preparativi per “La notte dei
Briganti”. Sarà riproposta a Sant'Elia a Pianisi,
domenica 11 agosto, a partire dalle ore 18,00, la
manifestazione “Il Borgo rivive”, giunta alla IV
edizione. Attraverso la rappresentazione storica saranno
rievocati alcuni significativi eventi locali legati al
brigantaggio; la serata si aprirà con la riproposizione
di uno sposalizio dell' 800 a cura di Rionero Sannitico.
La
serata sarà animata dall’esibizione dei Bufu' di Sepino
e dagli Zig-Zaghini. Interverranno i Borghi d’Eccellenza,
i gruppi di Pietrabbondante e Frosolone. Al tramonto, cena
nel borgo a base di piatti tipici; sono state allestite
per l’occasione angoli suggestivi per la degustazione di
piatti tipici: tavern U’ Brgant, locanda Sand V’nnitt,
taverna Brigantessa Soriani, cantina Dù Porr, locanda Tre
Coll. L'evento sarà anticipato, sabato 10, dal convegno
storico sul Brigantaggio, che si terrà alle ore 17,00
presso il convento dei Padri Cappuccini di S.Elia a
Pianisi. Relatori saranno lo storico, Alessandro Romano,
presidente del Comitato Scientifico, il guardiano Padre
Emidio Cappabianca. Nel luogo sacro, sarà, inoltre,
allestita una mostra: “Briganti: eroi o malfattori”.
La
vicenda che la Pro loco Planisina ha voluto rappresentare,
risale al periodo pre-unitario; sono stati riproposti
eventi locali che hanno caratterizzato il Brigantaggio a
Sant’Elia a Pianisi, una pagina inquietante della storia
locale. Secondo quanto riportato anche nel libro Memorie
Storiche, Civili ed Ecclesiastiche di Sant’Elia a
Pianisi dall’autore santeliano, Monsignor Elia Testa,
attraverso documenti tratti dai registri angioini e dalle
altre fonti storiche pervenute ai nostri giorni, il 20
luglio 1861, un gruppo di briganti aveva barbaramente
freddato con due colpi di schioppo due guardie nazionali,
in contrada Centocelle. Arrestati furono presto e “stranamente”
scarcerati: erano filo-borbonici, come la magistratura che
li difendeva, accusata di “causare malcontento nella
popolazione e credenza di debolezza del governo”.
(Archivio di Stato di Napoli).
La
situazione locale fu ben descritta dal capitano Crema che,
venuto a conoscenza delle tendenze borboniche dei giudici
mandamentali di Sant’Elia a Pianisi, il 29 settembre
1861, inviò un dettagliato rapporto al segretario
generale del Dicastero di Grazia e Giustizia, nel quale
evidenziava che il giudice Arriola fu sostituito da un
supplente il quale mise in libertà alcuni briganti
santeliani, responsabili dell’eccidio a Centocelle. “Inspiegabilmente
– si legge nei documenti - i processi davanti alla
Magistratura di Sant’Elia a Pianisi procedevano con
ingiustificata lentezza. Questo avveniva anche per altri
imputati santeliani, cospiratori borbonici, che avevano
impedito le libere elezioni comunali, avvenute, invece,
negli altri Comuni del Meridione.
I
briganti di Sant’Elia, dunque, avevano “così messo
fine ad una rigenerazione politica da tanti secoli
desiderata” . Ruolo non secondario quello delle
brigantesse come “mestatrici di professione che
mettevano scompiglio nelle famiglie delle guardie
nazionali ingaggiate a Sant’Elia. Persuadendo così le
mogli dei militi a ritirare i loro mariti perché il
governo li avrebbe ingannati mandandoli a morire a Venezia”.
Episodio di rilievo è senza dubbio la vicenda del
brigante Domenico Ciricillo di Saverio che, ritenuto
colpevole dell’omicidio delle guardie nazionali, fu
arrestato a Colletorto e condannato all’impiccagione.
Successivamente
si scoprì che, grazie all’intervento del Monaco Santo,
Padre Raffaele da Sant’Elia a Pianisi, per mero equivoco
era stata imprigionata la persona sbagliata invece di
Domenico Ciricillo fu Baldassarre, ancora latitante. Nella
notte precedente all’esecuzione, il frate si recò nel
carcere per confortare e confessare il condannato. Prima
che il reo fosse giustiziato, dalla porta del Convento,
all’improvviso, apparve Padre Raffaele: “Comandante!
Autorità! Nel nome di Dio vi dico che quest’uomo è
innocente”. L’illustre sindaco, Baldassarre Colavita,
prese su di sé la responsabilità e disse al comandante:
“Sospendete la pena, perché il Padre Raffaele ha detto
che il condannato è innocente; dobbiamo credergli perché
è una persona santa”. Nel luogo dove era stato piantato
il palo per impiccare Ciricillo, oggi si eleva il
monumento a Padre Raffaele.
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